Come fare e cosa sapere.

La cessazione del rapporto di amministrazione prima della scadenza del termine è disciplinata dall’art. 2385 comma 1 c.c. che attribuisce all’amministratore il diritto di rinunziare alla carica in qualunque momento mediante comunicazione scritta al consiglio di amministrazione e al presidente del collegio sindacale, se questo organo esiste.

Nella prassi societaria, avvallata dalla giurisprudenza, si ritiene sufficiente che la comunicazione sia indirizzata al presidente, così facilitandosi al consigliere dimissionario la rinuncia all’ufficio e accorciando i tempi e riducendo gli oneri a suo carico, non essendo necessario dover attendere la ricezione della comunicazione da parte di tutti i consiglieri ovvero la convocazione di una riunione consiliare per ivi formalizzare le dimissioni dinanzi all’intero Consiglio

La rinuncia non richiede una giusta causa o un giustificato motivo; quindi, non è necessario motivare la propria decisione.

La rinuncia nei confronti della società ha effetto immediato se resta in carica la maggioranza del consiglio, altrimenti, l’amministratore dimissionario deve attendere che la maggioranza del consiglio sia ricostituita con l’accettazione dei nuovi amministratori.

La cessazione degli amministratori dall’ufficio deve essere iscritta nel Registro delle Imprese entro 30 giorni a cura del collegio sindacale o degli amministratori in carica o prorogatio nelle società che non hanno questo organo.

Tale iscrizione è un preciso obbligo degli amministratori e del collegio sindacale così come è un obbligo quello dell’assemblea di ricostituire il consiglio di amministrazione e al venir meno di uno o più dei suoi membri. In tale ultimo caso, anzi, la prolungata inattività rispetto ai propri obblighi è sanzionata con lo scioglimento della società per inattività dell’assemblea (art. 2484, comma 1 n. 3).

Ma cosa succede se l’iscrizione non avviene e la società successivamente fallisce?

La Cassazione, con ordinanza del 17.05.2021 n. 13221 ha chiarito che: in tema di azione di responsabilità ex artt. 2393 e 2394 c.c. promossa dal curatore fallimentare, la cessazione dalla carica dell’amministratore, che abbia ritualmente presentato le proprie dimissioni, è opponibile al fallimento, anche se non è iscritta nel registro delle imprese, poiché non può operarsi un’estensione della responsabilità – che è, comunque, per fatto proprio (anche se di natura omissiva) – a comportamenti messi in atto da terzi in epoca successiva alle dimissioni, solo perché il collegio sindacale ha omesso di adempiere agli obblighi di pubblicità, alla cui inerzia l’amministratore dimissionario non può supplire, essendo ormai estraneo all’organizzazione societaria”.

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